Il Natale scomodo, freddo e avventuroso: Moby Dick, Cap.XXII, Buon Natale e Cap.XXVIII, Achab - Herman Melville
L’àncora fu finalmente a posto, le vele spiegate e scivolammo via. Fu un Natale corto e freddo e, quando la breve giornata nordica si confuse nella notte, ci trovavamo quasi al largo su un oceano invernale i cui gelidi spruzzi ci rinserravano nel ghiaccio come in una armatura smagliante. Le lunghe file di denti sulle murate rilucevano alla luna e, simili alle zanne bianche d’avorio di un qualche grosso elefante, grandi ghiacciuoli ricurvi pendevano a prora.
Bildad sparuto comandava, in qualità di pilota, il primo quarto di guardia, e ogni tanto, mentre il vecchio bastimento si tuffava profondo nelle acque verdastre e un brivido di gelo lo percorreva tutto e i venti ululavano e il cordame vibrava, s’udivano le sue note ferme:
Bei campi si stendevano di là della fiumana,
ricoperti di un verde che abbagliava.
Così gli Ebrei scoprirono quella Terra di Cana
mentre il Giordano in mezzo tumultuava.
Mai quelle dolci parole risuonarono al mio orecchio più dolcemente di allora. Esse erano piene di speranza e di consolazione. Malgrado la rigida notte invernale sull’Atlantico fragoroso, malgrado i miei piedi bagnati e la giubba più bagnata, c’erano ancora, mi parve, tanti ridenti ripari di riserva, tanti prati e radure, così eternamente giovani che l’erba spuntata in primavera vi dura, non calpestata e rigogliosa, fino a metà dell’estate.
Alla fine giungemmo tanto al largo che dei due piloti non ci fu più bisogno. La massiccia barca a vela che ci aveva accompagnati cominciò ad accostarsi alla banda.
Ora, essendo Natale quando la nave sbucò fuori dal porto, per un po’ subimmo una pungente temperatura polare, sebbene continuassimo a fuggire verso il sud e ci lasciassimo a poco a poco alle spalle, per ogni grado e minuto di latitudine che avanzavamo, quell’inverno spietato e tutta la sua intollerabile temperie. Era una di quelle mattinate di transizione, meno minacciose ma sempre abbastanza grigie e tetre, e sotto un vento favorevole la nave correva nel mare con un piglio vendicativo di scattante e malinconica rapidità, quand’io salendo in coperta alla chiamata della guardia del mattino, diressi appena gli occhi al coronamento che brividi di presagio mi percorsero. La realtà superò le apprensioni: il capitano Achab era sul cassero.
Balli,feste e acconciature... ok, ma domani è un altro giorno (ma siamo sicuri?): Via col vento, Cap.15 - Margaret Mitchell
L'esercito, ricacciato nella Virginia, si ritrasse per i quartieri d'inverno sul Rapidan: un esercito stanco e demoralizzato dopo la sconfitta di Gettysburg; e poiché il Natale si avvicinava, Ashley venne a casa in licenza. Rossella, rivedendolo per la prima volta dopo due anni, ebbe paura della violenza dei propri sentimenti. Allora, quando lo aveva visto nel salotto delle Dodici Querce, sposo di Melania, aveva creduto che non potrebbe mai amarlo con più intensità; ma ora si rendeva conto che i sentimenti di quella sera lontana assomigliavano a quelli di una bimba a cui vien tolto un giocattolo, mentre ora la sua emozione era acutizzata dal lungo pensare, dal lungo sognare e dal ritegno che era stata costretta ad imporsi.
Questo Ashley Wilkes, nella sua uniforme scolorita, coi capelli biondi arsi dal sole di due estati, era assai diverso dal giovinotto distratto e trasognato che ella aveva amato disperatamente prima della guerra. Era magro e abbronzato, mentre prima era chiaro di carnagione è ben proporzionato di membra; i lunghi baffi biondi che gli ricadevano sulla bocca erano l'ultima pennellata occorrente a farne il quadro di un perfetto soldato.
Si teneva dritto militarmente nella sua logora uniforme, con la pistola nella fondina consumata e il fodero della sciabola deformato che batteva elegantemente sugli stivaloni dagli sproni opachi: il maggiore Ashley Wilkes, C. S. A. (Confederate States of America). In lui si scorgeva ora l'abitudine del comando, un'aria di autorità e di sicurezza di sé; ai lati della sua bocca cominciava a disegnarsi qualche ruga. Vi era un non so che di nuovo e di strano nella forma quadrata delle sue spalle, nella lucentezza fredda dei suoi occhi. Mentre una volta appariva pigro e indolente, ora era svelto come un gatto, con la continua tensione di chi ha i nervi sempre tesi come corde di violino. I suoi occhi avevano un'espressione di stanchezza e di tormento; e la sua pelle arsa dal sole era tesa sulle ossa sottili del volto... Era sempre il suo bell'Ashley, ma tanto diverso.
Rossella aveva progettato di passare il Natale a Tara; ma dopo il telegramma di Ashley nessuna forza al mondo, neanche un ordine di Elena, avrebbe potuto strapparla da Atlanta. Se Ashley avesse pensato di andare alle Dodici Querce, si sarebbe affrettata ad accorrere a Tara per essergli accanto; ma egli aveva scritto ai suoi che lo raggiungessero ad Atlanta; e il signor Wilkes, insieme a Lydia e Gioia, erano già arrivati. Andare a Tara e privarsi di vederlo, dopo due anni? Privarsi del suono della sua voce, privarsi di leggere nei suoi occhi che egli non l'aveva dimenticata? Mai! Per nulla al mondo!
Ashley giunse quattro giorni prima di Natale, con un gruppo di giovani della Contea essi pure in licenza; un gruppo dolorosamente diminuito dopo Gettysburg.
Veloce come un sogno, un sogno fragrante del profumo d'abete degli alberi di Natale, brillante di candele e di ornamenti luccicanti, un sogno i cui minuti fuggivano rapidi come i battiti del cuore. Una settimana affannosa, nella quale Rossella aveva cercato con un misto di dolore e di gioia di far provvista di piccoli incidenti da ricordare dopo la sua partenza, avvenimenti a cui ella riandrebbe comodamente in seguito, traendone briciole di consolazione: danzare, cantare, ridere, correre a prendere quello che Ashley desiderava, sorridere quando egli sorrideva, tacere quando egli parlava, seguirlo con gli occhi in ogni suo gesto, accorgersi di ogni movimento delle sue sopracciglia, di ogni fremito della sua bocca... Tutto questo restava impresso indelebilmente nella sua mente; perché una settimana passa presto e la guerra continua per sempre...
Era seduta sul divano del salotto, tenendo in grembo il suo dono di commiato, aspettando che egli avesse salutato Melania e pregando Dio che scendesse solo, che il cielo le accordasse qualche minuto con lui. Aveva le orecchie tese ad ascoltare i rumori del piano superiore, ma la casa era stranamente silenziosa, sicché perfino il suo respiro le sembrava troppo percettibile. Zia Pitty piangeva fra i guanciali in camera sua, perché Ashley l'aveva salutata mezz'ora prima. Dalla stanza di Melania non giungeva mormorio di voci né suono di pianto. Parve a Rossella che egli fosse là dentro da un secolo; ed ella calcolò amaramente che il giovine maggiore prolungava gli addii a sua moglie: i momenti passavano veloci e il suo tempo era misurato.
Ricordò tutto ciò che aveva avuto desiderio di dirgli in quella settimana. Ma non ne aveva avuto la possibilità; ed ora pensava che forse non l'avrebbe mai.
Tante cose, e non vi era più il tempo! Anche i pochi minuti che rimanevano le sarebbero carpiti da Melania, se questa lo accompagnava giù e poi al cancello. Perché non era riuscita a parlargli in tutta la settimana? C'era sempre Melania accanto a lui, coi suoi occhi adoranti; e poi vicini, amici, parenti, dalla mattina alla sera. E dopo, la porta della camera da letto si chiudeva ed egli era solo con Melania. Non una volta il suo sguardo aveva detto a Rossella qualche cosa di più di un affetto fraterno. Eppure ella non poteva lasciarlo partire senza sapere se l'amava ancora. In questo caso, se egli morisse, le rimarrebbe il conforto del suo segreto amore sino alla fine dei suoi giorni.
Dopo un'eternità, sentì lo scricchiolio delle sue scarpe e poi l'uscio che si apriva e si richiudeva. Lo udì scendere. Solo! Dio sia lodato!
N.B.: da leggersi con sottofondo musicale - clicca qui - inconfondibile (e inquietante, capisci a me :P)
Un Natale che porta speranza e... un tè all'inglese: Il leone, la strega e l'armadio (Le cronache di Narnia), Cap.10, L'incantesimo comincia a svanire - C.S. Lewis
Father Christmas - WikiNarnia |
— Venite, venite — continuava il signor Castoro, ballando dalla contentezza. — Guardate chi c'è.
Questo sì che è un brutto colpo per la Strega Bianca. Il suo potere comincia a svanire, altroché.
— Che significa? — chiese Peter, che era stato il primo ad avvicinarsi.
— Non ti ho detto che lei ci ha portato l'inverno, sempre inverno e mai Natale? Ora vieni a vedere.
Quando raggiunsero la cima della collina si accorsero che si avvicinava una bella slitta tirata da due grandi renne con i finimenti tintinnanti di campanellini. Non erano renne bianche come quelle della strega, ma brune e possenti. Sulla slitta, molto più ampia di quella della Strega Bianca, sedeva un personaggio che bastava dargli un'occhiata per capire di chi si trattasse. Era un uomo grande e molto grasso, con un vestito rosso come le bacche dell'agrifoglio, il cappuccio foderato di pelliccia bianca e una gran barba che gli cadeva sul petto come una cascata di candida schiuma. I ragazzi lo riconobbero subito perché nel nostro mondo (il mondo al di qua dell'armadio) tutti ne parlano e spesso ne fanno ritratti o imitazioni. Ma vederlo in carne e ossa - cosa che può capitare solo a Narnia - be'… era tutta un'altra cosa.
Babbo Natale aveva un'espressione dolce, buona e affettuosa ma al tempo stesso solenne e che incuteva rispetto. Non aveva assolutamente niente di buffo (come capita a volte qui da noi) e solo a guardarlo ci si sentiva invadere da una strana sensazione di gioia, da una pace intima e solenne e, come ho già detto, da un senso di profondo rispetto.
— Sono arrivato, finalmente — esclamò. — Quella è riuscita a tenermi lontano molto tempo, ma Aslan si avvicina e gli incantesimi della Strega Bianca non hanno più effetto su di me.
Lucy sentì un brivido di gioia invaderla tutta, lo stesso brivido di pace e felicità che ti prende quando sei in silenzio, immerso nella preghiera.
— E ora — continuò Babbo Natale — veniamo ai regali. Qui c'è una macchina per cucire nuova e migliore: è per lei, signora Castoro. Farò in modo di lasciargliela a casa quando passerò di là.
— Se le fa comodo, signore; ma l'avverto che casa nostra è chiusa a chiave.
— Serrature e paletti non contano, per me — disse Babbo Natale. — Quanto a lei, signor Castoro, troverà la diga finita e i guasti prodotti dal ghiaccio riparati, le fessure tappate e nuovi cancelli per le chiuse.
Il signor Castoro fu così contento che aprì la bocca… e non seppe cosa dire.
— Peter, figlio di Adamo — chiamò Babbo Natale.
— Eccomi, signore. — Peter fece un passo avanti.
— Non ti darò giocattoli, Peter, ma qualcosa che forse ti servirà presto. Usali bene, questi — e così dicendo Babbo Natale porse al ragazzo uno scudo e una spada.
Lo scudo era color argento e al centro c'era l'immagine di un leone rampante rosso vivo, il colore delle fragole mature quando è tempo di coglierle. La spada aveva l'impugnatura dorata, il fodero e la cintura: tutto del peso e della misura adatti a Peter. E lui ricevette quei doni in silenzio, ma con aria grave, ben comprendendo che si trattava di un regalo speciale.
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The Chronicles of Narnia - tumblr. |
— Susan, figlia di Eva — chiamò ancora Babbo Natale. — Questi sono per te. — E le consegnò un arco, una faretra piena di frecce e un piccolo corno d'avorio. — Dovrai usare quell'arco solo in caso di estrema necessità, perché non voglio che tu scenda in battaglia. Quando avvicinerai quel corno alle labbra, in qualsiasi posto tu sia… soffiaci dentro, se avrai bisogno di aiuto, l'aiuto verrà.
E infine Babbo Natale si rivolse a Lucy, chiamandola figlia di Eva, e Lucy fece un passo avanti per ricevere il suo dono: una bottiglietta di cristallo (ma più tardi qualcuno disse che era puro diamante) e anche un piccolo pugnale.
— In questa bottiglietta c'è un liquore estratto dai fiori di fuoco che crescono sulle Montagne del Sole. È un cordiale: se tu o qualcuno dei tuoi amici sarete feriti, basteranno poche gocce per farvi guarire immediatamente. Il pugnale è per difenderti in caso di grave pericolo, perché neanche tu dovrai scendere in battaglia.
— E perché no, signore? — chiese la piccola Lucy. — Credo che… mi sembra… che sarei abbastanza coraggiosa anch'io.
— Non è questo il punto — la interruppe Babbo Natale. — Le battaglie diventano troppo ignobili, quando combattono anche le donne. — Poi, perdendo un po' della sua aria grave, aggiunse: — Ma pensiamo al presente, ora. Questo è per tutti voi. — E tirò fuori (non si capì bene da dove, probabilmente dal grosso sacco che era sulla slitta alle sue spalle) un gran vassoio con cinque tazze, cinque piattini, la zuccheriera, un bricco di panna e una gran teiera fumante.
Poi gridò: — Buon Natale! Evviva il vero re! — e schioccò la frusta.
Un attimo dopo la slitta era già fuori di vista senza che nessuno si fosse neppure accorto che aveva cominciato a muoversi.
Glò (Fine!)